Dialetto d’autore

Dialetto d'Autore

Il progetto “Dialetto d’autore”, nasce nel 2009 dalla collaborazione fra l’associazione culturale Riccione Città Teatro (Francesca Airaudo e Giorgia Penzo) e lo scrittore e poeta Francesco Gabellini. E’ all’inizio un piccolo progetto tutto riccionese di letture sceniche di testi originali di Francesco in dialetto romagnolo con un obiettivo preciso: portare il pubblico della popolare commedia “dialettale” verso la scrittura teatrale in dialetto degli autori romagnoli.

Nel 2010, grazie alla collaborazione di diversi comuni, del Premio Riccione per il Teatro e della Fondazione Corte Coriano Teatro, il progetto si espande e si declina in tre filoni principali: programmazione, produzione, formazione.

Nel 2011 si consolida il filone della produzione originale, della circuitazione degli spettacoli e del laboratorio come fucina di materiali per la costruzione di una nuova drammaturgia, con una rilevante parentesi dedicata all’organizzazione di un Convegno a tema.

In questi anni vengono prodotti diversi spettacoli: LE LINGUE DI FEDERICO, dedicato al rapporto fra Fellini e i dialetti; DONI, TRE DONNE UN DIALETTO, dove tre dialetti romagnoli (riccionese, ravennate, forlivese) si scontrano e incontrano nelle voci di Francesca Airaudo, Elena Bucci e Daniela Piccari; LA CUSTODE, e DETECTOR, poetici e divertenti monologhi di Francesco Gabellini interpretati da Francesca Airaudo e Francesco Tonti; LA FEMA (La fame), con testo originale di Gabellini e la regia di Davide Schinaia.

Il laboratorio di teatro in dialetto dal titolo LA BUTEGA, curato da Francesco Gabellini, Giorgia Penzo e Francesca Airaudo, nel 2010 prende casa al Teatro Corte di Coriano dove risiederà fino al 2012 per poi trasferirsi al Teatro Villa di S. Andrea in Casale. In questi anni si crea una piccola ma preziosa comunità composta da attori professionisti delle compagnie riminesi, cultori del dialetto e attori delle compagnie amatoriali locali, autori prolifici, attori “Lucchiniani”, semplici curiosi, ecc…insieme come in una bottega artigianale. Una comunità ancora oggi viva e attiva che continua ad incontrarsi “in dialetto”.

La Butèga -spiega Gabellini- è stato un luogo di incontro tra chi parla e vive quotidianamente il dialetto e chi fa teatro o si esprime artisticamente con il corpo o la parola; un momento di confronto tra attori delle locali compagnie dialettali, allievi delle scuole di teatro, giovani, meno giovani e “persone comuni”.

Tanti gli spettacoli programmati in questi anni, partendo da Teatro del Mare di Riccione per finire al al Teatro G. Villa di San Clemente dove il progetto continua attualmente il suo percorso, passando per il Teatro Corte di Coriano e il Teatro Malatesta di Montefiore Conca. E mantenendo sempre l’obiettivo iniziale: creare una nuova idea di teatro in dialetto, capace di superare il discrimine fra colto e popolare.

Nel 2011 si svolge al Teatro Corte BARÀCA & BURATÈIN, una giornata di studio su Dialetto e scena teatrale contemporanea in Romagna e sulle sue possibilità di aprirsi un varco nel panorama nazionale.

Vi partecipano poeti e autori teatrali quali Giovanni Nadiani e Francesco Gabellini, critici ed esperti di teatro come Fabio Bruschi, l’Istituto Schürr; attori e registi come Roberto Magnani del Teatro delle Albe di Ravenna, Gianluca Reggiani e Marco Bianchini di Rimini, una vasta rappresentanza delle compagnie dialettali, da Forlì a Bellaria a Rimini, con la presenza speciale di Guido Lucchini.

Nel 2012, a partire dall’esperienza de La butèga, Francesco Gabellini scrive LA FEMA, messo in scena con gli attori della compagnia Città Teatro e i partecipanti al laboratorio per la regia di Davide Schinaia.

Quando penso a un Teatro in romagnolo, penso anche a un Teatro che, nonostante la difficoltà di comprensione e la mancanza di una tradizione che gli abbia in qualche modo conferito uno statuto di lingua teatrale, possa uscire dai confini della Romagna, perché non credo che le barriere linguistiche siano muri insormontabili. Qualcuno mi potrebbe anche obiettare che allora potrei anche scrivere in italiano e il compito mi risulterebbe più semplice. Ma il risultato non sarebbe sicuramente lo stesso. Sì, è vero, sono, ancora una volta, d’accordo con Baldini, che non tutto si può dire in dialetto, ma ci sono cose che vanno dette proprio in quel modo e in nessun altro. A queste cose mi sento molto legato. Credo che il Teatro sia un patrimonio di tutti e che chi lo fa si debba porre due importanti obiettivi: lavorare per la qualità dello spettacolo e allo stesso tempo cercare di portare a Teatro la gente, anche quella comune che a Teatro non ci va più, ma si lascia distrarre dai potenti “mezzi di distrazione di massa.” In questa difficile impresa credo che il dialetto potrebbe esserci d’aiuto.” 

Francesco Gabellini
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