Smascherata

Le maschere ci hanno condotto a scoprire personaggi tratti dal reale e nuovamente re-inventati...
Smascherata

Lavori in corso sull’attor comico

Di Giorgia Penzo e Davide Schinaia
Con Giorgia Penzo
Maschere Stefano Perocco di Meduna
Disegno Luci Domenico Migliaccio

Regia Davide Schinaia

Produzione 2004 Maan Ricerca e spettacolo


Il lavoro di Giorgia Penzo è improntato sulle tecniche di Maschera della Commedia dell’Arte. Del testo – quando c’è un testo letterario da cui partire – può rimanere molto o nulla. Forse soltanto l’impianto, la struttura. Mentre le parole cambiano lingua, i personaggi respirano una vita nuova, cucita sul corpo dell’attore o nel viso-maschera che indossa. Da Moliere a Fo, da Isabella Andreini a Franca Valeri, il repertorio di storie e personaggi comici è vasto e disseminato di figure familiari. Con questo lavoro tentiamo di inoltrarci in quel territorio in cui il confine fra la maschera e il volto si fa più sfumato, e il personaggio scolpito nel cuoio cede il passo alla visione di figure prese dal quotidiano, su cui lo sguardo dell’attore indugia, incuriosito e sopreso, registrando una memoria che sarà la linfa per il suo lavoro.

Note di Regia
Avevamo un’idea: cercare dove siano oggi i capitani, i dottori, gli zanni, in quali figure sopravvivano le loro maschere. Pensavamo di lavorare asservendo l’invenzione ai nostri progetti. Invece, come spesso accade, il teatro ha preso il sopravvento, i personaggi si sono impossessati di noi, le maschere hanno rivendicato il loro diritto a stare sulla scena. E sono state loro a portarci come di fronte ad uno specchio e ad osservare le mille forme del teatro oggi, la sopravvivenza del suo spirito nelle sue diverse manifestazioni.

Celato dietro la molteplicità delle forme, c’è ancora l’attor comico, l’artista che si inventa il mestiere incontrando la piazza e che impara la professione seguendo l’attore più anziano. Così fu per i comici dell’arte, così fu per esempio per Tiberio Fiorilli, a sua volta maestro di Moliére. Qualcuno diede per morta la Commedia dell’Arte, quando raggiunse l’azimuth del suo declino, nell’Ottocento. Ma le sue braci ardenti erano nascoste sotto la cenere del tempo, e finalmente, nel Novecento, Arlecchino torna sulla scena anche fuor di carnevale.
La nostra esperienza, la nostra formazione è impregnata di Commedia dell’Arte. L’attore italiano ce l’ha cucita addosso e non può disfarsene se non a costo di una qualche perdita, della rinuncia ad una specie di ingenuità che da quel gradino lo può sollevare a scopire nuovi territori d’espressione.

Siamo partiti dalle maschere, e le maschere ci hanno condotto a scoprire personaggi tratti dal reale, ma anche nuovamente re-inventati. Sono stati questi personaggi a tessere per noi una storia, che stringe un cerchio intorno al teatro stesso, al suo mondo pieno di sorprese, stranezze, storture, desideri, speranze, delusioni. Di fronte a questa musa androgina, che impugna l’arma dell’ironia, abbiamo cercato di fare un passo indietro ed ascoltare la storia di un’arte che sopravvive, seppure con difficoltà, in un mondo pieno di mille altre illusioni e che, nel frastuono della contemporaneità, sussurra ancora e ancora può farci entrare in contatto con la nostra Anima.

Hanno scritto…

Lo spettacolo è anche un lavoro fortemente autobiografico. E’ un gioco di specchi fra l’attrice e il suo alter ego , è un viaggio iniziatico, si potrebbe dire. Nei personaggi delineati l’attrice ritova il potere dissacratore, lo “sguardo feroce” come lei stessa lo definisce, della maschera.
Laura Mariani (docente DAMS Bologna)

L’aspetto che più mi ha interessato è il coraggio come interprete femminile di indossare la maschera, nel senso che ti costringe ad interpretare ruoli maschili. Sappiamo che questo accade poche volte e che è una sfida.
M.Macchiavelli (Fraternal Compagnia/ Scuola Teatro Louis Jouvet Bologna)

E’ un lavoro che colpisce, oltre che per la bravura dell’interprete, e per l’efficacia dei numerosi personaggi che porta sulla scena, perché rivela le fonti dalle quali nasce la costruzione del carattere comico, mostra, senza essere pedagogico, l’alchimia della mutazione della postura fisica che permette di manifestare personaggi fra loro molto diversi. Con pochi, essenziali e ben dosati elementi scenici assistiamo a una continua metamorfosi del corpo dell’interprete che materializza sulla scena dei personaggi dal forte carattere presentandoci una sorta di “carosello” di varia e disagiata umanità…..
E’ anche un omaggio tutto “al femminile” alla Commedia dell’Arte, riconosciuta come matrice della commedia e della comicità contemporanea verso la quale tutta il teatro ha un debito di riconoscenza.
G.Reggiani (regista Compagnia Banyan Rimini)


Estratto dalla rassegna stampa

“La società “smascherata” dalla commedia dell’arte.
…pièce a ‘un personaggio e più voci’ che l’istrionica veneta ha sfilato in un allestimento semplice…tra un impresario manierato, la classica prezzemolina svampitella e il potente “arlecchino scalzo”. Grande merito è da dare alla Penzo, calamita di maschere e di verbi, abile trasformista ed ottima osservatrice dei difetti umani. L’intento, oggi come ieri, quello di infilare la lingua e la spada sui difetti della società: missione riuscita.” (Alessandro Carli – La Voce di Romagna, 30/08/2004)

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